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Titolo: I Guardiani del Bosco
Autrice: Sabrina Guaragno
Genere: Fantasy, Humor
Capitolo 1
Corna d'oro
«Insomma,
ti ha conciato proprio per le feste» disse Sen, scrutando di
sottecchi il suo compagno. Le sue labbra avevano assunto una strana
espressione obliqua, come se si stesse trattenendo dallo scoppiare a
ridere fragorosamente per le sorti infauste dell'amico.
Panny
si tastò l'occhio dolorante e violaceo, sussultando appena a causa
del pizzicore. «È
inutile che ti trattieni, testa di rapa».
Il
centauro fissò il fauno con sguardo grave, prima di scoppiare a
ridere in maniera incontrollata, la testa reclinata all'indietro, i
capelli biondi che gli sfioravano il manto color grano.
«No-o...
ma sai c-cos'è? È
che...s-sembri ancor-ra più...p-punk...così» disse Sen, tra le
risate. I suoi occhi erano diventati rossi e contenevano alcune
lacrime.
«Ah-ah»
disse Panny, poggiato a un albero, trattenendosi a stento dallo
sferrargli un calcio zoccolato negli stinchi. C'era una vasta scelta,
visto che il suo amico era un centauro.
«Quando
ti ho detto che potevi ridere, non ti ho dato il permesso di morire.
Non vorrei avere sulla coscienza la tua brutta pellaccia setosa».
Il
centauro non sembrò prendersela poi tanto e si asciugò le lacrime,
tentando di darsi un contegno «che poi quella tua fidanzata è
costata cara anche a me. A quanto pare ha riferito al pennuto che io
detenevo un'arma appartenente al mondo degli umani e ieri Lux mi ha
mandato a casa due troll belli grossi. E hanno portato via un bel po'
di roba» il centauro sospirò, «anche la mia collezione di pistole
ad acqua».
Il
fauno dalla cresca fuxia lo guardò di sbieco, muovendo la coda
caprina in modo buffo «non so di cosa tu stia parlando, ma sono
contento che l'abbia fatto».
Sen
fece spallucce. «Un consiglio da amico, testa cornuta. Non ti far
mai più vedere con altre donne dalla tua Jerenna, oppure potremmo
risentirne tutti...» sembrava quasi serio, quando ci si metteva
d'impegno.
«Tranquillo»
disse Panny. Ne aveva avute abbastanza di grane per il momento.
«Ragazzi...»
Tany comparve alle loro spalle, tra due file di alberi bitorzoluti. I
suoi piedi sembravano accarezzare il terreno erboso e le foglie, e il
suo incedere era talmente lieve ed elegante da sembrare quello di una
dea.
Era
così silenziosa che di rado ci si accorgeva della sua presenza prima
che iniziasse a parlare, e questo aveva creato non poche situazioni
imbarazzanti. Non ci si poteva scaccolare prima di essersi guardati
attorno con dovizia, bisognava stare attenti quando si indietreggiava
ed era necessaria una piccola avanscoperta nei paraggi prima di poter
nascondere il cadavere di qualche insetto ucciso per sbaglio. Tany
amava esageratamente gli animali, ed era meglio non scoprire la sua
reazione nel caso ti beccasse nel fare del male a uno di loro.
A
Panny e a Sen sembrava strano che lei potesse così tanto facilmente
maltrattare loro, invece, visto le loro origini per metà animali.
«Salve,
Tany» disse Panny, mentre Sen le rivolgeva un lieve gesto con la
mano non impegnata a reggere i fili d'erba che stava sgranocchiando.
A
un più accurato sguardo si resero conto che sulla spalla della ninfa
dalla pelle lattea, un po' intricato nei suoi capelli candidi
intrecciati di foglie, vi era Lux. Non sembrava molto felice di
vederli. E, considerando il volto della ninfa, neanche lei era molto
felice di averlo aggrappato alla sua spalla delicata.
«Scansafatiche,
mi dispiace informarvi che oggi avrete da lavorare» la fenice si
voltò a guardare Panny lentamente, fissandolo insofferente «che ti
è successo alla faccia?».
Panny
sospirò «piccolo incidente di percorso...».
Lux
continuò a fissarlo per qualche secondo «saluta Jerenna da parte
mia» disse, e il suo becco sembrava quasi nascondere una risata,
semmai si possa dire che un becco sia capace di farlo.
«Il
Signore della Radura ha perso il suo fedele cervo Derest.
Malauguratamente, dei vili orchitochelli, chiamati comunemente
“ometti”, hanno rapito la bestiola dalle corna d'oro, sicuramente
per farne orpello di una qualche fattezza» disse Lux, molto fiero
del suo linguaggio e del suo modo d'essere. Talmente fiero che
sembrava potesse scoppiargli il petto gonfio d'orgoglio da un momento
all'altro, spargendo per il bosco budella di fenice ben poco
eleganti.
«Orsù»
fece il verso Sen, «cosa domanda, di grazia, a noi poveri
guardiani?» disse poi, e la nota ironica nella sua voce era ben
evidente, tanto che Tany lo guardò roteando gli occhi e domandandosi
cosa avesse fatto mai di male per avere dei compagni così.
Lux
non parve curarsi dell'ironia, o forse la interpretò male
«recuperate il povero Derest, e portatelo all'albero maestro della
radura, al cospetto del suo padrone. Entro mezzoggiorno».
Panny
e Sen trattennero un'espressione poco dolce, e aspettarono che Lux se
ne fosse andato per esprimere la propria sofferenza.
«Mi
dispiace per questo Derest, ma sarà bello che morto in questo
momento» disse Sen, guardandosi le doppie punte. Anzi, no, lui non
aveva doppie punte!
«Dobbiamo
comunque assicurarcene... Ma non ho affatto voglia di far visita
nuovamente agli ometti» disse Panny, accarezzandosi la cresta fuxia.
Il gel di erbe creato da Tany reggeva proprio bene.
«Ragioniamo,
ragazzi, forse c'è una speranza che sia ancora vivo! Povero
cervo...» disse la ninfa, triste. Anche se nessuno ci credeva,
annuirono.
Decisero
raggiungere il ritrovo degli ometti, nei pressi del Piccolo
Giaciglio, e il loro ultimo passaggio da quelle parti risvegliò
brutti ricordi.
«Credi
che ricorderanno ciò che è successo la scorsa volta?» chiese la
ninfa a Panny, che lei di certo reputava più ragionevole del loro
vanitoso compagno centauro.
«Beh...».
«Ricordarsi
che siamo passati da lì con una umana cercando di nasconderla con
foglie e ciocche di capelli finti per farla sembrare una creatura del
bosco e che poi siamo scappati come ladri al galoppo sulla mia
schiena urlando come pazzi?» chiese Sen, gesticolando pratico, «non
ci riconosceranno mai».
E
invece gli ometti li riconobbero, ma sembrarono più attratti da
qualcos'altro.
Ma
voi siete...» iniziò a dire uno, quando si furono avvicinati
chiedendo se avessero visto un cervo dalle corna d'oro da quelle
parti.
Nell'aria
c'era già tutto ciò che si sapeva, e loro annuirono, timorosi.
Proprio
in quel momento giunse un ometto più alto degli altri, per quanto
possibile, e anche più vecchio.
«Mi
ricordo di voi» disse, scrutandoli perfidamente. Poi si focalizzò
su Panny e lo indicò col ditino bitorzoluto, com'era anche il resto
del suo corpo, d'altronde. «Tu, cosa hai fatto alla faccia?»
Non
dette nemmeno il tempo al fauno di rispondere, che continuò
«qualunque cosa tu abbia fatto, falla più spesso, sei migliorato di
molto».
Il
fauno non sapeva se essere arrabbiato o indignato, ma optò per
l'indifferenza. Essere giudicati in base all'aspetto dagli ometti era
un po' come essere chiamati scemi da Sen.
«Dove
avete portato il cervo?» chiese la ninfa, spazientita, mettendo fine
a quel momento di imbarazzo.
Gli
ometti parvero pensarci intensamente. «Venite» disse poi il più
vecchio, e loro lo seguirono in mezzo a piccole baracche e resti di
carcasse in decomposizione. Che non differivano poi molto dagli
abitanti del villaggio.
La
ninfa si tappò il naso, disgustata e indignata, mentre Panny faceva
luogo e il centauro li seguiva come se la cosa non gli interessasse.
L'ometto-capo
indicò qualcosa, e i tre guardiani videro le corna dorate e per un
momento ci fu un soffio speranza. Poi videro che erano usate come
copricapo da un esemplare donna di ometto davvero ripugnante e
desiderarono di avere un posto dove vomitare.
«Ecco
qui, mia compagna molto felice» disse l'ometto sgrammaticalmente. «E
qui carne, se vi va» e mostrò loro un calderone pieno di brodaglia.
Panny
dovette trattenere un conato «no, grazie, siete molto gentili».
«Gentili?»
lo guardò indignata la ninfa, che sembrava volesse scatenare un
putiferio.
La
spinse in disparte. «Ora noi ce ne andiamo...».
«Ma
no, dove andare voi...».
«Assassmmmh»
iniziò a urlare Tany, prima che Sen le tappasse la bocca.
«Cosa
volere dire vostra amica molto brutta?» chiese l'ometto, e questo
non fece altro che far incazzare maggiormente la povera ninfa.
Potevano essere degli sporchi assassini e mangiare cervi dalle corna
d'oro. Ma azzardarsi, loro, a dire che lei fosse brutta proprio no!
«Assassissimi...
voleva dire assassissimi, una parola in ninf...o, che vuole dire che
siete dei cuochi eccellenti!» disse Panny, diciamo la verità, per
pararsi il culo. Anzi, per pararlo a tutti e tre.
Meglio
non far incazzare ometti cannibali, questo l'aveva imparato nella sua
insignificante vita.
L'ometto
sembrò molto lusingato e sorrise con denti marci e putrescenti che
contenevano ancora resti di generazioni passate, e Panny desiderò di
non aver avanzato un complimento così profondo.
«Ora
andiamo» spinse il sederone da cavallo di Sen via, mentre il
centauro trasportava di peso la ninfa che dal canto suo continuava a
combattere come un'ossessa.
Quando
non furono più a portata di orecchie e occhi, la liberò e lei si
lasciò andare a insulti e parolacce di ogni sorta, impossibili da
sentire dalle sue labbra in altri momenti della giornata.
«Sono
degli sporchi assassini! E hanno dei gusti orrendi!» disse lei, le
braccia incrociate.
«Sì,
sì, ma ora cosa facciamo?» chiese il fauno.
«Ho
un'idea...» disse Sen.
Poche
ore dopo si ritrovarono nella radura, in attesa del Signore della
Radura, per l'appunto, personalità in vista del bosco di Lilim, con
un cervo alquanto strambo vicino a loro.
Il
Signore della Radura aveva una reputazione: di liberatore di elfi, di
combattente di orchi, di mangiatore di bacche e di intrecciatore di
ceste, cosa che si addiceva più a dolci donnine ma, insomma, è
un'abilità che può servire nella vita.
Sen,
Panny e Tany si aspettavano già un uomo ben fatto di cui avere
ammirazione e timore, e la ninfa in particolare era speranzosa
riguardo il suo bell'aspetto.
Ma
quando Lux si fece vedere, seguito da un gruppo di troll soldati
abbastanza giganteschi, pensarono che il Signore fosse troppo
impegnato per loro. Eppure, pensavano che avesse a cuore il suo cervo
Derest!
Ma
poi guardarono meglio, e videro, tra i piedi delle sue guardie, un
ometto traballante. Ometto non perché faceva parte del popolo dei
cannibali, ma perché era basso, brutto e tanto grasso.
«Guardiani,
avete ritrovato la mia povera bestiola?» domandò loro, con voce
davvero fina per il suo aspetto.
Sen,
Panny e Tany si guardarono tra loro, poi fecero spallucce.
Sen
condusse il cervo dal suo nuovo proprietario. Anche se nessuno doveva
sapere che fosse nuovo.
«Ecco
Derest, Signore» disse, e ringraziò il cielo che i cervi non
sapessero parlare. Era un pensiero ben elaborato per lui, bisogna
farne onore.
Il
Signore della Radura lo fissò a lungo, quel cervo davanti a lui,
chiedendosi se fosse Derest. Aveva il muso uguale, il corpo uguale,
le zampe uguali. Ma ogni cervo è fatto così, no?
Le
corna non erano d'oro, ma di un bel bianco luminoso. Si chiese se
fossero solo sporche, ma poi gli venne comunque da dire «sicuri che
sia proprio lui?».
Stava
spazientendosi, ma i guardiani avevano pensato proprio a tutto.
Beh,
Sen diceva di aver pensato a tutto e Panny e Tany non è che
avrebbero potuto far molto altro se non assecondarlo.
«Vedete,
signore, lui è proprio il vostro caro Derest, solo che...» abbassò
il volto, quasi triste. Sono un attore nato, si
disse, peccato che al teatro della foresta nessuno amasse i centauri.
Il
Signore della Radura lo fissò rapito, incerto se iniziare a
incazzarsi o stare ad ascoltare frottole. Nel frattempo si allargò
il colletto del completo che portava. «Solo che, cosa?».
«Quando
siamo arrivati lì, nella dimora dei cannibali, il povero Derest era
riverso a terra, quasi morto e respirava a fatica. Con il suo sguardo
triste chiedeva insistentemente la sua presenza, Signore. Io potevo
capirlo, sono molto simile a lui!» disse Sen, con aria
melodrammatica.
Panny
e Tany si guardarono in faccia, capendo di essere nei guai. Ma tanto
valeva ascoltarla fino alla fine, quella farsa.
«E
allora abbiam cacciato via quegli indegni, molto prodemente, glielo
assicuro! I miei compagni validi e coraggiosi, li han combattuti e
abbiam portato via la creatura».
Il
Signore sembrava davvero interessato al racconto, mentre Lux li
minacciava con lo sguardo, promettendo beccate dolorose.
«Allora
la mia dolce ninfa compagna, qui presente, ha creato una pozione
capace di rianimare il povero animale, ma a una condizione».
Il
silenzio rimase sospeso, e il Signore della Radura chiese, impaziente
«cosa?» con l'aria di un piccolo di uomo che ascolta una favola.
«Abbiam
dovuto barattare l'oro delle sue corna per la sua vita. Un prezzo per
la guarigione. Ora sta bene, ma è dovuto cambiare... ahimé! Ora è
più speciale di prima!».
Il
cervo, in tutto questo, era rimasto a guardare con aria
interrogativa. Avrebbe solo voluto mangiare un po' d'erba.
Il
Signore della Radura rimase in silenzio, fissando il cervo. Poi gli
si avvicinò e lo accarezzò. «È
vero, sei diverso amico mio» aveva le lacrime agli occhi, e Panny e
Tany non si capacitarono di cosa stesse accadendo.
«Vieni
qui...» il Signore abbracciò il cervo sotto gli occhi increduli dei
tre guardiani e di Lux, e quelli stupidi dei troll. «Mi dispiace per
tutto quello che hai dovuto passare!».
Dopo
aver ringraziato più volte i guardiani, il Signore della Radura andò
via in groppa al cervo, scortato dalla sua guardia. Era probabilmente
il giorno più bello della sua vita.
Lux,
prima di andarsene, li guardò male, promettendo vendetta. Una
vendetta lenta e dolorosa.
«Per
ora l'abbiamo scampata» sussurrò Panny, e Tany annuì, ancora
incredula.
«Tutto
merito del vostro bellissimo, intelligentissimo e bravo attore Sen il
centauro!».
«Non
esageriamo» sussurrò Tany, salendo su un albero per prendere delle
bacche.
«Ma
si può sapere come te la sei inventata questa storia? Io non ci
sarei mai arrivato» chiese Panny, lasciandosi scivolare sull'erba,
le spalle contro un tronco robusto.
«Ho
letto tanti libri degli umani! Vedi, quando Edward trasforma Bella in
vampira per salvarla, dice a suo padre che è guarita dalla sua
malattia ma per questo è dovuta cambiare!».
«Cosa
sono i vampiri?» chiese Tany.
«Ma
di che diavolo parli?» disse invece Panny, che ne aveva avuto
proprio abbastanza di quella giornata.
«Ragazzi,
Twilight! Un libro bellissimo degli umani!».
I
due amici lo guardarono male, tornando alle loro faccende da
guardiani, che comprendevano lo starsene seduti a rimuginare o il
mangiare frutti del bosco, mentre Sen sorrideva orgoglioso di sé.
«Devo
dire alla mia amica Carmenseta di portarmi altri libri degli umani
dal loro mondo...».
Continua lunedì prossimo!
(Non copiare o riprodurre senza prima chiedere il permesso, grazie!)
XD MADDAI! E' buffissimo! I personaggi sono davvero azzeccati. Complimenti, voglio leggere gli altri quando escono.
RispondiEliminaGrazie mille Gaspare! Sono contenta che ti abbiano divertito, il fine è appunto quello :D
EliminaAhahah xD che figata xD sono molto simpatici questi personaggi :p non vedo l'ora di leggere il prossimo capitolo :3
RispondiEliminaGrazie Irene, sono contenta che ti sia piaciuto questo primo episodio **
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