lunedì 4 gennaio 2016

Blognovel #1 I Guardiani del Bosco - Corna d'oro

Photo from web
Titolo: I Guardiani del Bosco
Autrice: Sabrina Guaragno
Genere: Fantasy, Humor
Capitolo 1 
Corna d'oro

«Insomma, ti ha conciato proprio per le feste» disse Sen, scrutando di sottecchi il suo compagno. Le sue labbra avevano assunto una strana espressione obliqua, come se si stesse trattenendo dallo scoppiare a ridere fragorosamente per le sorti infauste dell'amico.
Panny si tastò l'occhio dolorante e violaceo, sussultando appena a causa del pizzicore. «È inutile che ti trattieni, testa di rapa».
Il centauro fissò il fauno con sguardo grave, prima di scoppiare a ridere in maniera incontrollata, la testa reclinata all'indietro, i capelli biondi che gli sfioravano il manto color grano.
«No-o... ma sai c-cos'è? È che...s-sembri ancor-ra più...p-punk...così» disse Sen, tra le risate. I suoi occhi erano diventati rossi e contenevano alcune lacrime.
«Ah-ah» disse Panny, poggiato a un albero, trattenendosi a stento dallo sferrargli un calcio zoccolato negli stinchi. C'era una vasta scelta, visto che il suo amico era un centauro.
«Quando ti ho detto che potevi ridere, non ti ho dato il permesso di morire. Non vorrei avere sulla coscienza la tua brutta pellaccia setosa».
Il centauro non sembrò prendersela poi tanto e si asciugò le lacrime, tentando di darsi un contegno «che poi quella tua fidanzata è costata cara anche a me. A quanto pare ha riferito al pennuto che io detenevo un'arma appartenente al mondo degli umani e ieri Lux mi ha mandato a casa due troll belli grossi. E hanno portato via un bel po' di roba» il centauro sospirò, «anche la mia collezione di pistole ad acqua».
Il fauno dalla cresca fuxia lo guardò di sbieco, muovendo la coda caprina in modo buffo «non so di cosa tu stia parlando, ma sono contento che l'abbia fatto».
Sen fece spallucce. «Un consiglio da amico, testa cornuta. Non ti far mai più vedere con altre donne dalla tua Jerenna, oppure potremmo risentirne tutti...» sembrava quasi serio, quando ci si metteva d'impegno.
«Tranquillo» disse Panny. Ne aveva avute abbastanza di grane per il momento.
«Ragazzi...» Tany comparve alle loro spalle, tra due file di alberi bitorzoluti. I suoi piedi sembravano accarezzare il terreno erboso e le foglie, e il suo incedere era talmente lieve ed elegante da sembrare quello di una dea.
Era così silenziosa che di rado ci si accorgeva della sua presenza prima che iniziasse a parlare, e questo aveva creato non poche situazioni imbarazzanti. Non ci si poteva scaccolare prima di essersi guardati attorno con dovizia, bisognava stare attenti quando si indietreggiava ed era necessaria una piccola avanscoperta nei paraggi prima di poter nascondere il cadavere di qualche insetto ucciso per sbaglio. Tany amava esageratamente gli animali, ed era meglio non scoprire la sua reazione nel caso ti beccasse nel fare del male a uno di loro.
A Panny e a Sen sembrava strano che lei potesse così tanto facilmente maltrattare loro, invece, visto le loro origini per metà animali.
«Salve, Tany» disse Panny, mentre Sen le rivolgeva un lieve gesto con la mano non impegnata a reggere i fili d'erba che stava sgranocchiando.
A un più accurato sguardo si resero conto che sulla spalla della ninfa dalla pelle lattea, un po' intricato nei suoi capelli candidi intrecciati di foglie, vi era Lux. Non sembrava molto felice di vederli. E, considerando il volto della ninfa, neanche lei era molto felice di averlo aggrappato alla sua spalla delicata.
«Scansafatiche, mi dispiace informarvi che oggi avrete da lavorare» la fenice si voltò a guardare Panny lentamente, fissandolo insofferente «che ti è successo alla faccia?».
Panny sospirò «piccolo incidente di percorso...».
Lux continuò a fissarlo per qualche secondo «saluta Jerenna da parte mia» disse, e il suo becco sembrava quasi nascondere una risata, semmai si possa dire che un becco sia capace di farlo.
«Il Signore della Radura ha perso il suo fedele cervo Derest. Malauguratamente, dei vili orchitochelli, chiamati comunemente “ometti”, hanno rapito la bestiola dalle corna d'oro, sicuramente per farne orpello di una qualche fattezza» disse Lux, molto fiero del suo linguaggio e del suo modo d'essere. Talmente fiero che sembrava potesse scoppiargli il petto gonfio d'orgoglio da un momento all'altro, spargendo per il bosco budella di fenice ben poco eleganti.
«Orsù» fece il verso Sen, «cosa domanda, di grazia, a noi poveri guardiani?» disse poi, e la nota ironica nella sua voce era ben evidente, tanto che Tany lo guardò roteando gli occhi e domandandosi cosa avesse fatto mai di male per avere dei compagni così.
Lux non parve curarsi dell'ironia, o forse la interpretò male «recuperate il povero Derest, e portatelo all'albero maestro della radura, al cospetto del suo padrone. Entro mezzoggiorno».
Panny e Sen trattennero un'espressione poco dolce, e aspettarono che Lux se ne fosse andato per esprimere la propria sofferenza.
«Mi dispiace per questo Derest, ma sarà bello che morto in questo momento» disse Sen, guardandosi le doppie punte. Anzi, no, lui non aveva doppie punte!
«Dobbiamo comunque assicurarcene... Ma non ho affatto voglia di far visita nuovamente agli ometti» disse Panny, accarezzandosi la cresta fuxia. Il gel di erbe creato da Tany reggeva proprio bene.
«Ragioniamo, ragazzi, forse c'è una speranza che sia ancora vivo! Povero cervo...» disse la ninfa, triste. Anche se nessuno ci credeva, annuirono.
Decisero raggiungere il ritrovo degli ometti, nei pressi del Piccolo Giaciglio, e il loro ultimo passaggio da quelle parti risvegliò brutti ricordi.
«Credi che ricorderanno ciò che è successo la scorsa volta?» chiese la ninfa a Panny, che lei di certo reputava più ragionevole del loro vanitoso compagno centauro.
«Beh...».
«Ricordarsi che siamo passati da lì con una umana cercando di nasconderla con foglie e ciocche di capelli finti per farla sembrare una creatura del bosco e che poi siamo scappati come ladri al galoppo sulla mia schiena urlando come pazzi?» chiese Sen, gesticolando pratico, «non ci riconosceranno mai».
E invece gli ometti li riconobbero, ma sembrarono più attratti da qualcos'altro.
Ma voi siete...» iniziò a dire uno, quando si furono avvicinati chiedendo se avessero visto un cervo dalle corna d'oro da quelle parti.
Nell'aria c'era già tutto ciò che si sapeva, e loro annuirono, timorosi.
Proprio in quel momento giunse un ometto più alto degli altri, per quanto possibile, e anche più vecchio.
«Mi ricordo di voi» disse, scrutandoli perfidamente. Poi si focalizzò su Panny e lo indicò col ditino bitorzoluto, com'era anche il resto del suo corpo, d'altronde. «Tu, cosa hai fatto alla faccia?»
Non dette nemmeno il tempo al fauno di rispondere, che continuò «qualunque cosa tu abbia fatto, falla più spesso, sei migliorato di molto».
Il fauno non sapeva se essere arrabbiato o indignato, ma optò per l'indifferenza. Essere giudicati in base all'aspetto dagli ometti era un po' come essere chiamati scemi da Sen.
«Dove avete portato il cervo?» chiese la ninfa, spazientita, mettendo fine a quel momento di imbarazzo.
Gli ometti parvero pensarci intensamente. «Venite» disse poi il più vecchio, e loro lo seguirono in mezzo a piccole baracche e resti di carcasse in decomposizione. Che non differivano poi molto dagli abitanti del villaggio.
La ninfa si tappò il naso, disgustata e indignata, mentre Panny faceva luogo e il centauro li seguiva come se la cosa non gli interessasse.
L'ometto-capo indicò qualcosa, e i tre guardiani videro le corna dorate e per un momento ci fu un soffio speranza. Poi videro che erano usate come copricapo da un esemplare donna di ometto davvero ripugnante e desiderarono di avere un posto dove vomitare.
«Ecco qui, mia compagna molto felice» disse l'ometto sgrammaticalmente. «E qui carne, se vi va» e mostrò loro un calderone pieno di brodaglia.
Panny dovette trattenere un conato «no, grazie, siete molto gentili».
«Gentili?» lo guardò indignata la ninfa, che sembrava volesse scatenare un putiferio.
La spinse in disparte. «Ora noi ce ne andiamo...».
«Ma no, dove andare voi...».
«Assassmmmh» iniziò a urlare Tany, prima che Sen le tappasse la bocca.
«Cosa volere dire vostra amica molto brutta?» chiese l'ometto, e questo non fece altro che far incazzare maggiormente la povera ninfa. Potevano essere degli sporchi assassini e mangiare cervi dalle corna d'oro. Ma azzardarsi, loro, a dire che lei fosse brutta proprio no!
«Assassissimi... voleva dire assassissimi, una parola in ninf...o, che vuole dire che siete dei cuochi eccellenti!» disse Panny, diciamo la verità, per pararsi il culo. Anzi, per pararlo a tutti e tre.
Meglio non far incazzare ometti cannibali, questo l'aveva imparato nella sua insignificante vita.
L'ometto sembrò molto lusingato e sorrise con denti marci e putrescenti che contenevano ancora resti di generazioni passate, e Panny desiderò di non aver avanzato un complimento così profondo.
«Ora andiamo» spinse il sederone da cavallo di Sen via, mentre il centauro trasportava di peso la ninfa che dal canto suo continuava a combattere come un'ossessa.
Quando non furono più a portata di orecchie e occhi, la liberò e lei si lasciò andare a insulti e parolacce di ogni sorta, impossibili da sentire dalle sue labbra in altri momenti della giornata.
«Sono degli sporchi assassini! E hanno dei gusti orrendi!» disse lei, le braccia incrociate.
«Sì, sì, ma ora cosa facciamo?» chiese il fauno.
«Ho un'idea...» disse Sen.
Poche ore dopo si ritrovarono nella radura, in attesa del Signore della Radura, per l'appunto, personalità in vista del bosco di Lilim, con un cervo alquanto strambo vicino a loro.
Il Signore della Radura aveva una reputazione: di liberatore di elfi, di combattente di orchi, di mangiatore di bacche e di intrecciatore di ceste, cosa che si addiceva più a dolci donnine ma, insomma, è un'abilità che può servire nella vita.
Sen, Panny e Tany si aspettavano già un uomo ben fatto di cui avere ammirazione e timore, e la ninfa in particolare era speranzosa riguardo il suo bell'aspetto.
Ma quando Lux si fece vedere, seguito da un gruppo di troll soldati abbastanza giganteschi, pensarono che il Signore fosse troppo impegnato per loro. Eppure, pensavano che avesse a cuore il suo cervo Derest!
Ma poi guardarono meglio, e videro, tra i piedi delle sue guardie, un ometto traballante. Ometto non perché faceva parte del popolo dei cannibali, ma perché era basso, brutto e tanto grasso.
«Guardiani, avete ritrovato la mia povera bestiola?» domandò loro, con voce davvero fina per il suo aspetto.
Sen, Panny e Tany si guardarono tra loro, poi fecero spallucce.
Sen condusse il cervo dal suo nuovo proprietario. Anche se nessuno doveva sapere che fosse nuovo.
«Ecco Derest, Signore» disse, e ringraziò il cielo che i cervi non sapessero parlare. Era un pensiero ben elaborato per lui, bisogna farne onore.
Il Signore della Radura lo fissò a lungo, quel cervo davanti a lui, chiedendosi se fosse Derest. Aveva il muso uguale, il corpo uguale, le zampe uguali. Ma ogni cervo è fatto così, no?
Le corna non erano d'oro, ma di un bel bianco luminoso. Si chiese se fossero solo sporche, ma poi gli venne comunque da dire «sicuri che sia proprio lui?».
Stava spazientendosi, ma i guardiani avevano pensato proprio a tutto.
Beh, Sen diceva di aver pensato a tutto e Panny e Tany non è che avrebbero potuto far molto altro se non assecondarlo.
«Vedete, signore, lui è proprio il vostro caro Derest, solo che...» abbassò il volto, quasi triste. Sono un attore nato, si disse, peccato che al teatro della foresta nessuno amasse i centauri.
Il Signore della Radura lo fissò rapito, incerto se iniziare a incazzarsi o stare ad ascoltare frottole. Nel frattempo si allargò il colletto del completo che portava. «Solo che, cosa?».
«Quando siamo arrivati lì, nella dimora dei cannibali, il povero Derest era riverso a terra, quasi morto e respirava a fatica. Con il suo sguardo triste chiedeva insistentemente la sua presenza, Signore. Io potevo capirlo, sono molto simile a lui!» disse Sen, con aria melodrammatica.
Panny e Tany si guardarono in faccia, capendo di essere nei guai. Ma tanto valeva ascoltarla fino alla fine, quella farsa.
«E allora abbiam cacciato via quegli indegni, molto prodemente, glielo assicuro! I miei compagni validi e coraggiosi, li han combattuti e abbiam portato via la creatura».
Il Signore sembrava davvero interessato al racconto, mentre Lux li minacciava con lo sguardo, promettendo beccate dolorose.
«Allora la mia dolce ninfa compagna, qui presente, ha creato una pozione capace di rianimare il povero animale, ma a una condizione».
Il silenzio rimase sospeso, e il Signore della Radura chiese, impaziente «cosa?» con l'aria di un piccolo di uomo che ascolta una favola.
«Abbiam dovuto barattare l'oro delle sue corna per la sua vita. Un prezzo per la guarigione. Ora sta bene, ma è dovuto cambiare... ahimé! Ora è più speciale di prima!».
Il cervo, in tutto questo, era rimasto a guardare con aria interrogativa. Avrebbe solo voluto mangiare un po' d'erba.
Il Signore della Radura rimase in silenzio, fissando il cervo. Poi gli si avvicinò e lo accarezzò. «È vero, sei diverso amico mio» aveva le lacrime agli occhi, e Panny e Tany non si capacitarono di cosa stesse accadendo.
«Vieni qui...» il Signore abbracciò il cervo sotto gli occhi increduli dei tre guardiani e di Lux, e quelli stupidi dei troll. «Mi dispiace per tutto quello che hai dovuto passare!».
Dopo aver ringraziato più volte i guardiani, il Signore della Radura andò via in groppa al cervo, scortato dalla sua guardia. Era probabilmente il giorno più bello della sua vita.
Lux, prima di andarsene, li guardò male, promettendo vendetta. Una vendetta lenta e dolorosa.
«Per ora l'abbiamo scampata» sussurrò Panny, e Tany annuì, ancora incredula.
«Tutto merito del vostro bellissimo, intelligentissimo e bravo attore Sen il centauro!».
«Non esageriamo» sussurrò Tany, salendo su un albero per prendere delle bacche.
«Ma si può sapere come te la sei inventata questa storia? Io non ci sarei mai arrivato» chiese Panny, lasciandosi scivolare sull'erba, le spalle contro un tronco robusto.
«Ho letto tanti libri degli umani! Vedi, quando Edward trasforma Bella in vampira per salvarla, dice a suo padre che è guarita dalla sua malattia ma per questo è dovuta cambiare!».
«Cosa sono i vampiri?» chiese Tany.
«Ma di che diavolo parli?» disse invece Panny, che ne aveva avuto proprio abbastanza di quella giornata.
«Ragazzi, Twilight! Un libro bellissimo degli umani!».
I due amici lo guardarono male, tornando alle loro faccende da guardiani, che comprendevano lo starsene seduti a rimuginare o il mangiare frutti del bosco, mentre Sen sorrideva orgoglioso di sé.
«Devo dire alla mia amica Carmenseta di portarmi altri libri degli umani dal loro mondo...».

Continua lunedì prossimo!
(Non copiare o riprodurre senza prima chiedere il permesso, grazie!)

4 commenti:

  1. XD MADDAI! E' buffissimo! I personaggi sono davvero azzeccati. Complimenti, voglio leggere gli altri quando escono.

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    1. Grazie mille Gaspare! Sono contenta che ti abbiano divertito, il fine è appunto quello :D

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  2. Ahahah xD che figata xD sono molto simpatici questi personaggi :p non vedo l'ora di leggere il prossimo capitolo :3

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    1. Grazie Irene, sono contenta che ti sia piaciuto questo primo episodio **

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