mercoledì 5 agosto 2015

Intervista a Lavinia Petti, autrice de “Il ladro di nebbia”

Prima della pausa estiva tanto agognata, ecco qui un'intervista fresca fresca. L'autrice è Lavinia Petti e la sua opera è “Il ladro di nebbia”, pubblicato da Longanesi. Un romanzo “urban fantasy” che ho amato per la sua atipicità e originalità, e per l'atmosfera in cui ti coinvolge. Vi rimando alla recensione che ho scritto per Penne Matte per saperne di più!
Lavinia è stata gentilissima e disponibile a rispondere alle mie domande, è stato un vero piacere poterla contattare! Le sue risposte mi hanno riportato alle emozioni provate durante la lettura del suo libro, e trovo che questo sia fantastico, perché anche solo parlando con lei si percepisce la sua “essenza”. Vi lascio all'intervista, buona lettura!



Lavinia, quando è nata la tua passione per la scrittura?

Quando ho avvertito il bisogno di dare forma alle mie storie. Fin da quando ero piccolissima avevo un sacco di idee che mi frullavano in mente, inventavo fiabe per mio fratello e mio cugino, giochi per i bambini del parco, recite natalizie, caccie al tesoro con indovinelli e poesie… Col passare del tempo ho capito che se non avessi trovato un mezzo per esprimere la mia immaginazione avrei rischiato di perderla (è quello che capita ai bambini quando crescono). Oppure avrei finito col pagare un analista. Ma per me sognare era troppo importante. Così trascrivere quelle storie è diventato necessario, parte di un processo naturale: ero una lettrice, e qualunque lettore, a mio avviso, è uno scrittore potenziale.

Quali sono le tue letture preferite?

Sono onnivora. Prediligo i classici, ma la mia regola è: qualunque genere, qualunque autore, in qualunque momento. Vario in continuazione perché mi annoio facilmente e credo che chiunque abbia qualcosa da dire.

A cosa (o chi) ti sei ispirata per la scrittura de “Il ladro di nebbia”?

Il ladro di nebbia è la sintesi di molte delle cose che ho amato nei miei primi vent’anni di vita. Una parte della mia anima è letteralmente scivolata lì dentro, ed è facile ripescare echi artistici di ogni sorta, letterari, figurativi, cinematografici.
L’autore a cui debbo di più è Michael Ende. Con La Storia Infinita, Lo Specchio nello Specchio, La Prigione della Libertà mi ha permesso di viaggiare senza muovere un passo. Ende, Gaiman, Murakami… sono scrittori che raccontano verità attraverso bugie. Ma ogni volta che leggo qualcuna delle loro storie mi ritrovo a desiderare che esista un universo parallelo per le cose che immaginiamo.

C'è una storia curiosa dietro la pubblicazione del tuo romanzo. Cosa è successo e come ti sei sentita quando hai scoperto che la tua opera aveva colpito e che una casa editrice ti cercava?

Io il libro l’ho scritto a diciassette anni, rinchiuso in un cassetto e dimenticato insieme ad altri sogni. Un paio di anni fa, per puro caso, lo lessero due mie amiche e mi obbligarono a mandarlo in giro. La mia pigrizia mi spinse a provarci con ben due editori. Per me avevo fatto il mio dovere: ancora una volta me ne dimenticai e sparii dall’altro lato del mondo. È la cosa che so fare meglio, sparire. Riemersi dalle terre d’Oriente dopo qualche mese e mi ritrovai sommersa di email, messaggi, chiamate. Pensavo fosse uno scherzo. Quando ho capito che non c’erano telecamere nascoste ed era tutto vero, ho provato un grande senso d’imbarazzo. Sono la vergogna di qualunque scrittore. Sotto sotto, da qualche parte, so che ribolle un mare di felicità, ma ho ancora tantissima paura per quello che mi sta capitando.

Antonio M. Fonte è un personaggio particolare, di certo complesso, ma per cui è facile provare empatia. Quanto ti senti di avere in comune con lui?

Abbastanza. Come dicevo prima, adoro sparire, amo la solitudine, i gatti, i dettagli e le storie, e sono ancora piuttosto indecisa se l’essere umano mi piaccia o meno. Inoltre combino almeno un guaio all’ora. Sono la persona più maldestra che vi può capitare di incontrare. I miei amici si domandano come possa essere sopravvissuta per ventisette anni. Comunque, chi mi conosce e ha letto il libro, sostiene che io sia un misto perfetto tra Antonio e Genève.

Se volete evitare gli spoiler, fermatevi qui!

Hai lasciato un grande alone di mistero attorno alla figura di Genève, tanto che non sappiamo neanche il suo vero nome. Come mai hai scelto di non rivelarlo?

Sai, per un attimo avevo pensato di darglielo e di rivelarlo nei capitoli finali. Poi mi sono chiesta: perché? La Strega del bosco dice ad Antoine: tu sei tu, il nome non cambia la natura delle cose. Poco dopo lui scopre che questo non è totalmente vero, perché ricordando il suo nome ricorda i dettagli della sua storia, e ritrova se stesso. Ma di Genève non si conoscono dettagli. Lei è l’Amore. E mi sono detta: se adesso le do un altro nome mi sembrerà di non conoscerla. E visto che i nomi sono un elemento chiave, in tutta la mia storia e in tutte le mie storie, mi sembrava la scelta più saggia.

Il sottile sarcasmo che pervade il libro e le vicende, anche le più tragiche, aggiunge un qualcosa in più alla storia. Durante le tue giornate ti capita spesso di cogliere i particolari sarcastici e “grotteschi” delle cose? Da dove prendi spunto per questo stile di scrittura?

Lo hai detto: dalle mie giornate. Da questa città, dalla mia famiglia, dai miei amici, dalle situazioni paradossali e pazzesche nelle quali ci buttiamo. Per non parlare della mia passione per la letteratura inglese: il british humour è uno degli elementi della mia scrittura.

Hai in cantiere qualche nuovo romanzo? E se sì, quanto sarà simile a “Il ladro di nebbia”?

Ho tante storie in mente, soprattutto per ragazzi; mi piace molto anche la fantascienza. Al momento, comunque, c’è una storia che esige di essere scritta. Richiederà tempo, tanta, tanta fatica e parecchi sacrifici. Farò di tutto per distaccarmi da Il ladro di nebbia, non voglio ripetermi. Certo, per me è impossibile pensare a un tipo di storie scevre da elementi soprannaturali. Ma se Il ladro di nebbia è un fantasy psicologico, per modo di dire, il prossimo sarà di stampo storico-mitologico… sempre per modo di dire. Forse quello che scrivo appartiene a generi che non esistono e basta. Per i maniaci delle categorie: io scrivo urban fantasy.

Hai mai pensato ad un sequel per “Il ladro di nebbia”? E se sì, Antonio M. Fonte, a cui ci siamo tanto affezionati, potrebbe esserne nuovamente il protagonista o, almeno, un personaggio secondario?

No, la storia di Antonio finisce lì dov’è iniziata. Se dovessi parlare ancora di Tirnaìl, però, mi piacerebbe farlo con una storia diversa… l’unica storia che non è stata ancora raccontata: quella del Collezionista.

Hai mai pensato, magari durante un'idea iniziale o un'altra versione, di far finire Antonio e Genève insieme?

Esiste la versione vecchia de Il ladro di nebbia, la prima stesura che scrissi a diciassette anni, in cui il finale è leggermente diverso. Ma mi spiace dirtelo: Antonio e Genève non stanno insieme neanche in quella.

La “storia d'amore” tra Antonio e Genève mi ha straziato per la sua bellezza e purezza, e per il finale malinconico, ma anche dolcemente emozionante. Cosa hai voluto trasmettere con questo finale?

Malinconia. Adoro questa parola, è una delle mie preferite. Se è questo che hai provato, significa che sono riuscita a trasmettere esattamente ciò che desideravo, e ti ringrazio. Trovo assurdo quanto a volte, nella vita, ci manchino cose che non abbiamo mai avuto. Ho voluto esplorare questo sentimento. La trama del libro, il modo in cui è scritto, la stessa Tirnaìl e i personaggi che Antonio incontra… tutto ne è impregnato. Capirai quindi che, per forza di cose, anche la sua storia d’amore doveva andare in questo modo.

Grazie alle sue risposte, Lavinia è riuscita a sciogliere alcuni miei dubbi, ma una cosa mi rimane certa: Il ladro di nebbia è uno dei miei romanzi preferiti, un'opera fantastica per chi ama sognare. Nella malinconia che trasmette, è evidente la speranza. Cosa si può chiedere di più?
Non vedo l'ora di leggere un nuovo romanzo di questa sorprendente autrice.

Sabrina


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