Titolo: Le ragazze
Autrice: Emma Cline
Genere: narrativa contemporanea
Salve lettori!
Oggi torno con una recensione! Era da un bel po’ che non ne
scrivevo una recensione come si deve.
Un po’ perché ho avuto veramente pochissimo tempo per
leggere in quest’ultimo periodo, un po’ perché, magari, non avevo molta voglia
di recensire le letture che mi capitavano sottomano!
Ma devo dire che riprendo col botto! Perché oggi vi parlerò di Le ragazze di Emma Cline: non proprio un libro da prendere alla leggera!
Ma devo dire che riprendo col botto! Perché oggi vi parlerò di Le ragazze di Emma Cline: non proprio un libro da prendere alla leggera!
Per chi non conoscesse i presupposti del romanzo: vengono
narrate le vicende di una giovane ragazza che si trova invischiata in una piccola
“comunità” che si racchiude attorno alla figura di un uomo, Russel. Questa
comunità riprende, in realtà, quasi fedelmente le vicende della setta di Charles
Manson, che terminò con la strage di Bel Air.
In realtà il libro non si focalizza principalmente su questa
“setta” e sulle sue dinamiche, anche se mostra molto dei rapporti che legano i
loro membri tra loro e a Russel. Il focus è, invece, sulle “ragazze”. Esse sono
intese come le maggiori luogotenenti di Russel, fedeli e leali. Al tempo
stesso, però, sembra vogliano sovvertire alla società degli anni 60'-70', che
imponeva alla donna un ruolo ben definito e limitante. Non accorgendosi, di
fatto, di essere cadute in un sistema, quale questa comunità o
setta, che le pone comunque in una condizione di sottomissione e in cui il
proprio Io viene denigrato attraverso la manipolazione psicologica.
Tutto il tempo che
avevo passato a prepararmi, gli articoli che mi insegnavano che in realtà la
vita era solo una sala d'attesa finché qualcuno non ti notava: i maschi lo
stesso tempo l'avevano passato a diventare sé stessi.
“Le ragazze”, quindi, si riferisce sia alla protagonista,
sia alle ragazze che fanno parte di questa “setta”, ma anche a tutte le donne
che, ancora giovani, si trovavano, e si trovano ancora oggi in certi casi, ad
affrontare il mondo là fuori. Un mondo che, negli anni 60’-70’, era ancor più
denigratorio, vincolante, limitante, giudicante di oggi.
Le ragazze, in un periodo così delicato quale l’adolescenza
e la giovinezza, venivano così condizionate dalla società, confinate a un ruolo
sottomesso all’uomo, dove l’unica cosa che possono fare è cercare le loro
attenzioni, adeguarsi a loro per farsi volere bene.
Quella della ricerca di attenzioni, e di una identità, è una
condizione tipica dell’adolescenza, e la protagonista la vive completamente. La
sua famiglia non le dà attenzioni, e lei si sente sola e perennemente affamata
di affetto, in cerca di qualcuno che non si fermi solo a guardare la sua
inadeguatezza esterna (ovvero, come si sente), ma guardi al di là.
Questo sguardo sembra provenire da Suzanne, una ragazza
fuori dagli schemi, da cui la protagonista si sente subito attratta. Lei
rappresenta tutto quello che una ragazza per bene non dovrebbe essere, ha un
fascino oscuro e Evie vuole le sue attenzioni tanto da finire in un circolo
vizioso. Suzanne, però, non è immune alla manipolazione maschile, tanto che è
una “discepola” fedele di Russel. Credendo che lui voglia “liberare” da un
dogma dettato dalla società su donne e uomini, in realtà non si rende conto, assieme
agli altri che lo seguono, che lui sta solo creando una piccola società tutta
sua in cui lui è il capo indiscusso.
Adorato
come una divinità, custode di chissà quale sapere e saggezza, che fa vedere
loro tutto da un’altra prospettiva. I suoi discepoli sono accecati, non vedono
che oltre tutte queste chimere e illusioni non vi è altro che, ancora una
volta, un uomo con i suoi desideri, un uomo mediocre che, in realtà, vuole
quello che tutti quanti vogliono: la fama, il successo, i soldi.
Eravamo state con gli
uomini, gli avevamo lasciato fare quello che volevano. Ma non avrebbero mai
conosciuto le parti di noi che gli tenevamo nascoste: non ne avrebbero mai
sentito la mancanza e non avrebbero neppure capito che c'era qualcos'altro da
cercare.
Tale meccanismo malato va così oltre che anche quando la sua
incorruttibilità viene inevitabilmente rotta dalla durezza del mondo reale, il
suo gruppo non lo abbandona, non lo smaschera, ma si stringe attorno a lui,
condividendo le sue paranoie, la distorsione della realtà che applica a quello
che lo circonda.
La sua “setta” si fa convincere che l’unica cosa giusta da
fare è quella che dice Russel: fare un gesto grande, spaventoso, che tutti
ricorderanno. A che pro? Non ha importanza, basta che lo dica Russel, che
risponde a qualsiasi dubbio, se mai ce ne fossero, con papponi di spiegazioni
che non stanno su, che invocano la libertà, la sovversione dei poteri forti,
l’odio per il conformismo, la borghesia e la normalità.
Le ragazze sono al centro: sono loro le più fervide
discepole, loro fanno i sacrifici più grandi.
Si tratta di un romanzo che, a livello di trama, non dice
granché di nuovo, almeno se si conoscono le vicende della setta di Charles
Mason. Ma dà uno sguardo intimo a dei meccanismi psicologici molto
interessanti. Rende giustizia al mondo femminile che, in un certo senso, non è molto diverso da com'è oggi. E lo fa con uno stile e una scrittura sublimi, che rendono
tutto saliente, intimistico, in un certo senso emozionante.
Non è stato facile staccarsi dalle pagine. La voce narrante
di Evie è, al tempo stesso, ingenua ed estremamente saggia, ed è impossibile
non provare empatia per lei, perché tutte noi donne, almeno una volta nella vita, ci siamo
sentite come si sente lei.
Una lettura che lascia il segno.
Non che stessero
cadendo da chissà quali altezze: sapevo che il semplice fatto di essere una
ragazza a questo mondo ti riduceva la capacità di credere in te stessa. I
sentimenti sembravano qualcosa di totalmente inaffidabile, come i balbettii
sconnessi ricavati da una tavoletta per le sedute spiritiche. Da piccola,
andare a farmi visitare dal medico di famiglia era stressante proprio per questo
motivo. Mi faceva domande delicate: come mi sentivo? Come avrei descritto il
dolore? Era più acuto o più diffuso? Io lo guardavo con disperazione. Avevo
bisogno che mi dicesse lui qualcosa, era quello il senso dell'andare dal
dottore. Fare un esame, passare dentro una macchina che mi setacciasse gli
organi interni con raggi di precisione e mi dicesse qual era la verità.
Alla prossima!
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