-Ehi,
quando pensi di andarle a parlare?- mi chiese Stefano,
punzecchiandomi un braccio.
-Cosa?-
dissi, distogliendo lo sguardo dalla ragazza dai lunghi capelli neri
che mi dava le spalle.
-Su,
dai, si vede lontano un miglio che stai mirando a lei! E' da più di
due settimane che ci trascini qui con te a ricreazione, solo perché
sai benissimo che lei viene a ritirare la roba per la sua classe! E
ti accontenti solo di salutarla! Non è da te aspettare così tanto
per entrare in azione!- disse Daniele, parlando sottovoce.
Eravamo
nel bar affollato della scuola, ed era ricreazione, così che si
vedevano gruppi di studenti cercare di sgattaiolare di qua e di là
per farsi una passeggiata, andare in bagno o al bar.
Io
e i miei due migliori amici eravamo fermi in fondo al locale,
appoggiati da qualche parte ad aspettare che suonasse la campanella.
A
dire il vero io stavo osservando Lei, e tutto ciò che avevano detto
Stefano e Daniele era più che vero.
Lei
era una ragazza di un anno più grande di me, aveva lunghi capelli
neri, sottili occhi color nocciola, lineamenti delicati e regolari.
Il
suo modo di vestire era semplice, ed anche il suo modo di fare,
silenzioso e dolce.
Non
era quel che si dice una ragazza che si nota subito, e non era
neanche particolarmente bella.
Per
questo non riuscivo a capire perché mi fossi fissato così tanto con
lei nelle ultime due settimane.
E
non riuscivo nemmeno a capire perché non riuscivo a farmi avanti
come se nulla fosse, come facevo di solito.
Quando
mi piaceva una ragazza, mi bastava avvicinarmi a lei con qualche
scusa, chiacchierare, scambiarsi i numeri di cellulare, ed era fatta.
Ma
con lei era diverso.
L'avevo
conosciuta per caso due settimane prima, appunto nel bar della
scuola.
Ci
eravamo messi a chiacchierare, le avevo offerto un caffè, e poi
salutandoci eravamo tornati nelle nostre rispettive classi.
Doveva
essere stato il sorriso che mi aveva rivolto quando ci eravamo
salutati a farmi invaghire di lei.
-Lo
so, lo so- risposi ai miei due compagni, -devo fare qualcosa.-
Proprio
in quel momento lei si voltò, con tra le mani la busta che conteneva
la merenda per tutta la sua classe, e rivolgendomi un grande sorriso,
disse -Ciao Massimo.-
-Ciao
Cristina!- le risposi, agitando una mano.
Solo
quando la sua chioma fu scomparsa oltre la porta del bar dissi ai
miei amici -Bene, possiamo andare- e li trascinai fuori dal bar, e
poi verso la nostra classe, con un enorme sorriso stampato in faccia.
Quarta
ora. Noiosissima quarta ora di storia.
La
prof. Stava spiegando non so quale periodo storico incasinato.
Chi
la ascoltava?
Ero
seduto agli ultimi banchi, da un lato c'era Stefano, e dall'altro
Daniele.
Tutti
e tre eravamo letteralmente spalmati sul banco, la guancia appoggiata
sulle braccia incrociate.
Quelle
lezioni di storia erano una tortura!
-Ehi,
ehi.- Stefano attirò la mia attenzione, parlando sottovoce.
-Come
pensi di abbordarla?- chiese. Il solito ficcanaso.
-Non
lo so...- sussurrai.
-Guardati!
Guardati! Sei arrossito!-
-Oh,
e non rompere!-
-Io
non capisco proprio cosa ci trovi in quella lì- intervenne Daniele
sottovoce.
-E'
monotona, troppo seria, sembra quasi una suora. E poi sembra troppo
infantile, con quei suoi modi delicati. Non è poi che abbia un corpo
da urlo. Quanto porta? Una seconda?-
Mi
voltai verso di lui, furibondo.
-Sei
solo un superficiale! Cosa c'è di male nell'essere semplice?-
Mi
alzai di scatto dalla sedia.
-Massimo,
che ci fai in piedi?-
-Vado
un attimo in bagno, Professoressa.-
E
senza aspettare risposta corsi alla porta e uscii in corridoio.
Mi
misi le mani nelle tasche, e mi diressi al bagno.
Il
cuore mi batteva a mille, e mi sentivo le orecchie in fiamme.
Quel
bamboccio non aveva alcun diritto di parlare così di lei!
Fu
allora che mi resi conto di adorarla: per me lei era perfetta così
com'era.
Proprio
mentre percorrevo il corridoio pensando che mi ci sarebbe voluto
molto per calmarmi, la vidi.
Era
lei, Cristina, e camminava lungo il corridoio, dandomi le spalle.
Il
mio cuore perse un battito, e tutta la rabbia che avevo provato fino
ad un attimo prima scomparve.
Era
la mia occasione! Nel corridoio non c'era nessun altro.
Affrettai
il passo, raggiungendola.
-Ehi,
ehi Cri... Cristina!- dissi, sorridendo.
Lei
alzò il volto, e quando mi guardò mi sentii gelare il sangue nelle
vene.
-Ciao!
Max!- disse.
-Senti,
posso parlarti un momento?-
-Veramente
dovrei portare questi fogli in segreteria...-
-Ti
accompagno- dissi subito.
Non
riuscii più a spiccicare parola, né mentre aspettavamo la
segretaria, né mentre salivamo le scale per tornare in classe.
Solo
quando lei disse – Devo tornare in classe...- mi sbloccai.
-Aspetta,
devo dirti una cosa-
Sentimmo
provenire dei passi e una voce dal corridoio.
Se
qualche professore ci avesse visto, ci avrebbe sicuramente sgridato
perché andavamo in giro in coppia...
Presi
Cristina per un braccio e la trascinai dietro l'angolo del corridoio.
Fu
così che ci trovammo a un soffio l'uno dall'altra.
Il
suo viso era a pochi centimetri dal mio, potevo sentire il suo
profumo.
-Cristina
io... io... -
Il
mio cuore batteva in una maniere esagerata.
-…
non è che ti andrebbe di uscire con me stasera?- dissi, tutto d'un
fiato.
Non
era esattamente quello che avevo intenzione di dire, ma era meglio di
niente.
Cristina
mi fissò, e piano piano la sua espressione sorpresa si trasformò in
un sorriso.
-Mi
farebbe molto piacere- rispose.
Arrossii
violentemente, contentissimo.
Mi
aveva detto di si!
-Dammi
il tuo cellulare- disse.
Glielo
diedi senza chiedere spiegazioni, ero ancora incredulo.
Compose
un numero e me lo ridiede.
-Tieni
questo è il mio numero, chiamami così ci mettiamo d'accordo.-
Poi
mi diede un bacio sulla guancia e tornò in classe.
Sorrisi,
da solo come uno stupido. Mi aveva detto di sì, e adesso avevo anche
il suo numero di cellulare!
Fine
Racconto di Sabrina Guaragno, anno 2011
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